sabato 9 febbraio 2008

20/3/2005 La prima volta non si scorda mai...(ovvero il mio battesimo)

Scorribanda sul Pizzo di Camarda:
Cronaca e impressioni della mia prima scalata

L’idea di Cristiano,era di salire sotto la vetta del pizzo di Camarda dal versante SE,discendere un canale sul versante N per circa 300 mt,risalirne un altro sempre esposto a N(via Canto della Pantera) fino in vetta (2332 mt);poi,lui e Vincenzo sarebbero discesi con gli sci traversando la montagna per la piana delle Solagne fino al lago della Provvidenza,e io da solo dalla stessa via di salita,per poi andarli a prendere in macchina.

L’appuntamento era alle 5:30. Partiamo con qualche minuto di ritardo.In macchina si parla del percorso,il canale che dovremmo scendere ha una pendenza di 40°,e quello da scalare,di 50° con tratti fino a 65°,non avevo mai affrontato una vetta del genere in inverno e tanto meno pareti nord! Tuttavia ero abbastanza tranquillo,Vincenzo mi dice che anche per lui è quasi una cosa nuova e Cristiano mi spiega la strada che dovrò fare per andarli a prendere.

Mentre ci avviciniamo al traforo del Gran Sasso,l’ambiente è grandioso,osserviamo i versanti nord di tutta la catena tra il monte Camicia e il monte Aquila e l’imponente parete est del Corno Grande,tagliata obliquamente dall’innevato canale Jannetta. Parlando,capisco che i due sono compagni di scialpinismo da molto tempo.

Alle 7:00 siamo sul posto,la temperatura è mite e il sole colora già il pendio che ci aspetta.

Ci mettiamo gli scarponi,Vincenzo e Cristiano sistemano gli sci sugli zaini,e partiamo.

Immaginiamo come via di salita un ampio canalone innevato,ma dopo poco,ci rendiamo conto che il sole ha già scaldato la neve,che cede al nostro passo e quindi evitandola zigzaghiamo tra l’erba e i sassi,su un terreno sempre più ripido.

Vediamo dei cavalli,io li fotografo cosciente che il risultato non sarà un gran che,e andiamo avanti.

Arranchiamo sudando per più di due ore,finchè siamo costretti a lasciare l’erba e passare sulla neve,che qui è più compatta e lavorata dal vento.

Dopo un lungo traverso a NE,siamo sulla cresta a circa 50 metri dalla vetta.

Da qui il panorama è magnifico,vediamo a sud la nostra Maiella;Immediatamente a ovest,il monte Ienca e il monte San Franco e all’orizzonte i gruppi del Sirente e Velino. A nord-ovest i laghi ghiacciati di Campotosto e della Provvidenza. A nord i monti della Laga. A nord-est il monte Corvo e a est il pizzo Intermesoli e la cresta delle Malecoste.

Ci guardiamo un pò intorno,e dopo qualche minuto di riposo,piantiamo gli sci nella neve e lasciamo parte del carico.

Alla vista del tratto da scendere,le emozioni non mancano,non mi sono mai mosso su un terreno innevato così ripido.

Indossiamo l’imbrago,i ramponi e il casco,tiriamo fuori le piccozze,ci leghiamo e Cristiano si avvia per primo giù per il canale assolato.Segue Vincenzo,e a circa 5 metri da lui,parto io,faccia a monte.

All’inizio la cornice di neve è ripida.Non ho paura,comunque,mi muovo con cautela,un passo,e un movimento con la piccozza…lentamente, per i primi 20 metri,poi mi giro faccia a valle.

La neve non è ghiacciata in superfice come previsto,cede per alcuni centimetri prima dello strato duro sottostante e sotto i ramponi si forma il classico zoccolo di neve,che rende pesante anche la discesa.

Di tanto in tanto facciamo qualche foto,man mano che scendiamo,il versante sud del monte Corvo ci appare baciato dal sole in tutta la sua grandezza.

Dopo circa 300 metri di discesa pieghiamo a destra,e ci troviamo sotto il canale da scalare,finalmente all’ombra.

Qui ci fermiamo,mangiamo un arancia,Cristiano sistema l’attrezzatura e mi affida il martello per recuperare i chiodi. Poi,con una piccola mossa falsa,fa scivolare giù il suo casco che aveva poggiato sulla neve,senza esitazione decide di lasciarlo lì,troppo faticoso scendere a prenderlo,allora gli dò il mio,visto che andrà da primo.

Si avvia verso il primo tiro di corda….

Il canale è chiuso in basso da un salto roccioso di circa 25 metri (III°),e la mancanza di ghiaccio,rende abbastanza instabile la salita con ramponi e piccozze del primo di cordata,che lentamente inizia a salire,e in una ventina di minuti,riesce a fissare i primi 2 chiodi da roccia.

Salgo anch’io fino alla base del salto per fare delle foto,mentre Vincenzo rimane 20 metri più in basso;intanto piovono sassolini e pezzetti di ghiaccio che cerco di schivare senza successo.

Cristiano in bilico sui ramponi,intento a fissare un terzo chiodo,fa cadere il martello da ghiaccio,che si pianta nella neve a una decina di metri da me.

Dopo qualche minuto di agitazione e diverse imprecazioni,ritrova la calma,recupera un pò di corda,me la manda giù, e riprende la piccozza.

In circa un’ora,il nostro primo supera il salto e riesce a piazzare una sosta,intanto io e Vincenzo da fermi ci siamo raffreddati un bel pò,ma era ora di andare,…

Lui è il secondo,raggiunge la base della roccia,e inizia ad arrampicare,sale piano ma senza problemi e in qualche minuto sparisce dalla mia vista.

Guardando in alto capisco che sarà meglio lasciare una mano libera per usare gli appigli che la roccia offre e recuperare i rinvìi,così appendo una piccozza all’imbrago,poco dopo,mi dicono di salire.

Sento le dita gelarsi lentamente mentre afferro i primi appigli con la destra,e piccozzo invano sull’erba con la sinistra,arrivo al primo chiodo,lo tolgo con il martello,lo appendo all’imbrago e vado avanti,prima di arrivare al secondo ancoraggio, un rampone molla la sua presa e mi strappa i pantaloni,rischiando di farmi cadere.

Recupero il secondo rinvìo,e salgo ancora,adesso non sento più le dita della mano sinistra,ma non è il momento di mollare,così raggiungo il terzo chiodo,lo tolgo con qualche difficoltà e passo oltre,fino a che sbuco,col fiatone,sotto i miei compagni e Cristiano sorridendo mi dice:<<Bravo,benvenuto nell'alpinismo!>>.

Sarà difficile dimenticare questa frase,detta in un momento di instabilità e fatica,in un momento in cui il mio stato precario mi ha fatto comprendere appieno l’ultima parola.

Mi assicuro alla sosta anch’io e per prima cosa tolgo il guanto sinistro e sfrutto il fiatone per scaldarmi le punte delle dita,ormai completamente insensibili,poi, guardo in basso.

Fa una certa impressione,non vedo più la roccia su cui siamo saliti,c’è solo un salto che strapiomba per alcuni metri,finche riappare la rampa innevata sottostante,e sullo sfondo l’ombra della montagna proiettata sulla conca ai nostri piedi.

Il primo riparte deciso sul ripido canale,ora di nuovo innevato.Io e Vincenzo restiamo appesi alla sosta e lo aiuto a far scorrere la corda,fino a che la seconda sosta è fissata,ancora un chiodo e un fittone da neve.

Vincenzo sale,quando arriva su,smantello la sosta.

Recupero la seconda piccozza dall’imbrago e lo seguo,lo sforzo è notevole,mi fermo a riprendere fiato un paio di volte prima di arrivare da loro,mi assicuro e il ciclo si ripete ma per i tre tiri successivi,le soste sono fatte con le piccozze,che Cristiano e Vincenzo si scambiano.

Io e il secondo saliamo insieme,mentre Cristiano si affanna a recuperare le corde bagnate.

Al quarto tiro di corda,mentre salgo,estraendo la piccozza dalla neve,me la tiro su un labbro,che inizia a sanguinare,ma complice la mia sete e il freddo,in poco tempo è tutto risolto.

Alla quinta sosta,l’orologio segnava le 16:00.Guardando indietro nel vuoto,l’ombra della montagna si era allungata attraversando la piana,quasi fino a toccare la base del monte Corvo ed era spuntata la cima del Corno Grande illuminata dal sole;Lo squarcio era davvero fantastico.

La stanchezza,il freddo e la fame cominciavano a farsi sentire.

Appeso alla sosta mi muovo maldestro,tolgo lo zaino,indosso un cappello e cambio i guanti ormai fradici.Bevo l’ultimo sorso di thè e disseto anche Vincenzo che in quel momento fa fatica a far scorrere le corde.

Intanto comincio a pensare che è ora di uscire da questo freddo canale!!!

Cristiano riparte per l’ultimo tiro difficile,molto ripido,con un tratto su erba e roccia,dopo un po’ non lo vediamo più,e quando ci chiama saliamo di nuovo uno alla volta.

Arrivato in sosta vedo la fine del canale,un cornicione di neve affilato in superfice dal vento,con sopra il sole e uno splendido cielo azzurro,Cristiano ci fa notare che la sosta con le piccozze in quel punto non è delle migliori,quindi dobbiamo stare attenti,dietro di noi…l’abisso.

Il primo si dirige di nuovo convinto verso l’alto,e,quando la corda finisce,trovandosi a pochi metri dall’uscita,decide di salire in libera,anche per risparmiare il tempo di un’altra sosta.

Ci urla di seguirlo. Vincenzo protesta,esitiamo un attimo,ma poi ci muoviamo.

Saliamo fianco a fianco e guardando in alto vediamo Cristiano illuminato dal sole sulla cresta.

Poco dopo,Vincenzo esce e io lo seguo,con grande soddisfazione.

Il sole mi acceca per qualche secondo,il panorama si riapre a 360° tutt’intorno,e finalmente sono in piedi “comodo”,su un piano orizzontale!!!

Le emozioni si accavallano mentre Cristiano ritira le corde dicendoci di avviarci verso la vetta,poco dopo,ci siamo tutti e tre.

Seguono rituali sorrisi e strette di mano,il classico autoscatto e un esiguo spuntino.

Qualche ora prima mi ero accorto che mi mancava l’orologio e pensavo di averlo perso.Guardando bene lo ritrovo nella manica della giacca e mi accorgo che sono le 18:00!!

Vista l’ora i miei compagni decidono che la traversata è fuori discussione.Così,dopo aver tolto i ramponi e l’imbrago,facciamo i primi passi verso il basso e recuperiamo il materiale lasciato al mattino per avviarci a valle.

Il sole scendeva a ovest,tingendo la vetta di rosa e dando a tutto un colore spettacolare.

Cristiano ci mette fretta,calza gli sci e si avvia,Vincenzo lo segue e io mi avvio a piedi,pensando che la discesa sarebbe stata abbastanza lunga da fare da solo.

Mentre godevo dei favolosi colori del tramonto noto che i due hanno qualche problema a sciare,li raggiungo,e addirittura li supero!

Così,dopo poche curve e molte cadute,a causa della neve crostosa e dei pesanti zaini,i miei compagni di cordata rinunciano,e decidono di ricaricare gli sci in spalla per scendere a piedi.

Allora tutti e tre a grandi passi giù per il canalone evitato al mattino,fino a raggiungere la base della montagna dove la neve finiva.

Nell’ultimo tratto le luci di Assergi brillavano a est,e la luna ci faceva strada illuminandoci fino alla macchina,dove siamo arrivati esausti verso le 19:30.

In macchina si parla della giornata trascorsa,di motori e di altre esperienze,e alle 21:00 circa eravamo a casa.

Io ero distrutto,ma soddisfatto e contento della nostra scorribanda sul Pizzo di Camarda.






CONSIDERAZIONI ATTUALI:



Ho inserito questo racconto visto che ce l'avevo già,...anche se non è un gran che,è il primo che ho scritto,ed era la prima volta in assoluto che mi legavo ad una corda(non sapevo fare neanche l'otto).
Ambiente stupendo e esperienza entusiasmante.
Grazie a Cristiano che mi ha iniziato a quest'attività,e a Vincenzo per la compagnia e il sostegno morale durante questa splendida giornata.
PS:spero tanto di tornarci in quel del Camarda!


Luca

3 commenti:

Anonimo ha detto...

...spero che tu non possa mai smettere di cercare ed affrontare nuove sfide..ogni meta anche la piu' alta non è irraggiungibile se preparata con pazienza. angela

Anonimo ha detto...

bei tempi...bei tempi! Ne è caduta di neve sui monti da quel giorno, e luca? Ultimamente la sorte ci tiene impegnati sempre in giorni diversi, in montagne diverse, su itinerari diversi...ci aspettano ancora tante montagne insieme e tanti nuovi itinerari da ripetere ed aprire.
Cristiano

Anonimo ha detto...

se fare sport significa a volte mettersi alla prova,hai scelto il modo migliore...."fa sempre ciò che ti spaventa".maurizio

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