lunedì 25 febbraio 2008

23/2/2008 "La Regina"


Una lunghissima giornata in una valle dimenticata


I Monti della Laga a differenza della Majella e il Gran Sasso,sono costituiti da roccia arenaria,che essendo impermeabile,lascia scorrere l’acqua sulla sua superfice.Così nei fossi di questo gruppo in condizioni di freddo prolungato si formano bèi salti ghiacciati.

Ciò che mi attira della scalata sulle cascate di ghiaccio è che le vedo come una via di mezzo tra l’alpinismo invernale e l’arrampicata sportiva….il vecchio e il nuovo che si uniscono.

Dopo aver fatto “nonciombozzo” domenica scorsa,e dopo aver consultato Cristiano (siano benedette le sue competenze in metereologia e condizioni delle montagne Abruzzesi!) e aver appreso che le probabilità di formazione erano alte,decisi di andare a vedere “la Regina”,una cascata che si trova nella Valle del Castellano a circa 1535 metri di quota.

Questa volta con me c’era Tony,un altro amico di Pescara.Tra varie incertezze sul da farsi decidèmmo la nostra mèta alle 22 di venerdì sera,quindi mi precipitài a studiare la cartina stradale prima,quella dei monti della Laga pòi e la guida “ghiaccio del sud”.

Bisognava arrivare a Pietralta (TE),poi alla frazione S. Giovanni e Cristiano mi parlò di una lunga strada sterrata che lui l’anno scorso percorse in macchina fino a “Piana Cavalieri”,una radura a quota 1350.Mi disse anche:"Se la strada è chiusa lascia perdere:sarebbe troppo lungo,non ne vale la pena".

Io e Tony ci incontrammo a Pescara alle 6:30 e partimmo.La strada sterrata era aperta,ma dopo qualche km sbarrata da enormi massi caduti e da accumuli di neve.

Ci incamminàmmo a piedi verso le 9,la valle era davvero selvaggia e le colatine di ghiaccio che ogni tanto sbucavano ai lati della strada ci facevano ben sperare.



Partiti dalla macchina non mi resi conto di quanto fossimo lontani da quella famosa radura dove avremmo dovuto parcheggiare,anche se l’altimetro mi mise in guardia…al nostro parcheggio segnava 830 mt,ma veramente non credevo fosse così lontano!

Dopo due ore di marcia arrivàmmo alla fine della strada,dove incontràmmo la presa Enel,dopo qualche incertezza sulla direzione da prendere,ci inoltràmmo nel bosco,la neve si faceva sempre più alta,e cominciava anche a “cedere”…quindi dopo un’altra ora ad arrancare,trovammo la nostra cascata.

Guardandola dal “pulpito” che la precede è davvero bella,sembra formata e anche abbastanza “grassa”…menomàle e soprattutto…finalmente!

Ci mettiamo al sole a prepararci e a mangiare qualcosa,la temperatura è mite,il silenzio assoluto,che bello…questo posto mi fa pensare a certe zone della “mia” Majella…:sentieri non evidenti,frequentazione praticamente nulla,segnale del telefonino assente…insomma un posto a “due passi” dai nostri salotti dove si può ancora vivere un'avventura autentica.

Dopo essermi trasformato in “guerriero del gelo”,cioè con ramponi,piccozze,viti da ghiaccio,rinvii e cordini,ci avviamo giù per il bosco alla base della colata.

Vista da qui è una bella “mazzàta”…cioè,non sembra proprio di grado 3 come la dà la guida…poi guardandola meglio però mi accorgo della linea che sfrutta i suoi punti deboli.

Tony è alla sua prima cascata,gli dò qualche raccomandazione su come farmi sicura e parto.







Arrampico sciòlto e tranquillo,il ghiaccio è buono e tutto fila liscio fino a chè mi accorgo dopo una trentina di metri saliti,che mi è rimasta una sola delle nove viti che avevo con me…allora continuo a salire un po’ più teso,fino a che non vedo un vecchio cordino intorno ad un albero sulla sinistra,"deve essere la sosta" penso,ma non mi piace per niente né il cordino né il traverso che dovrei fare per raggiungerlo,così pianto l’ultimo chiodo e salgo fino alla fine del salto;un bell’albero mi accoglie,ci avvolgo il mio “cordone da abbandono”,mi ci appèndo e grido a Tony:"Molla tutto!".

Attrezzo la doppia e scendendo ammiro le parti più verticali della cascata pensando:<<Adesso si che ci divertiamo!>>.




Arrivo giù e Tony parte,arrampica un po’ impacciato,io lo ìncito e gli ìndico la via da seguire,finchè anche lui è in cima.Scende contento,divertito e…sudato! Pazzesco,solo cinque giorni fa c’erano circa 14 gradi in meno!



Rifaccio la cascata per tre volte con la corda dall’alto,mi diverto un sacco su muri verticali e cavolfiori a tratti strapiombanti…è proprio vero…con una corda tesa davanti siamo tutti bravi!




Verso le 16.30 ci avvìamo sull’infinita via del ritorno,scendiamo velocemente il tratto di cresta che ci separa dalla “carrarèccia” e una volta lì…comincia l’odissea.

La strada è lunghissima,abbiamo l’impressione che non finisca mai.Camminiàmo come automi,con lo zaino che ci taglia le spalle.

Io stacco Tony di un po’,e mentre cammino a testa bassa alzando gli occhi per un attimo mi si gela il sangue…a circa 10-15 metri da me un cinghiale enorme è sbucato da sinistra e annusa la strada tranquillo…io mi fermo di colpo,ho paura che mi carichi,ma per fortuna dopo circa un minuto “il bestione” riprende la sua strada,e io ricomincio a respirare...

Arriviamo alla macchina col buio alle 18 circa,con la schiena e le gambe a pezzi,e appena tolto lo zaino d’istinto mi chiedo:"Ma vale la pena per 50 metri di ghiaccio farsi 'stò culo'?".

La risposta per me è Si.Anche se forse per la maggior parte dei ghiacciatòri è no,ma il bello del cascatismo in appennino forse è proprio questo:il fatto che non si è sicuri di trovarle,Il farsi un mazzo per andare a vedere,e lo scalare in ambienti spesso isolatissimi.

Cioè un altro modo di vivere delle belle avventure.

Certo se avessimo ghiaccio scalabile tutto l’inverno e a portata di mano non sarebbe male…ma si deve sempre apprezzare quello che si ha,facendone tesoro.

In conclusione…:una bella,intensa e soprattutto lunghìssima giornata!



(testo di Luca Luciani,foto di Tony Pisanu e Luca Luciani)

lunedì 18 febbraio 2008

17/2/2008 "NONCIONBOZZO"




Senza nessuna idea precisa per il week-end,andai a sbirciare le previsioni meteo...Per l’abruzzo era previsto tempo discreto,ma guardando le temperature rimasi a bocca aperta…:una -7 a 1500 metri! Inevitabilmente mi venne in mente il ghiaccio.Cristiano mi confermò la buona probabilità che alcune cascate nei Monti della Laga potessero essere in condizioni,così ci accordammo io Marco e Rino,per andare nel fosso di Selva Grande a vedere se c’era qualcosa di formato da scalare,per le nostre possibilità,dato che non siamo grandi esperti in materia.In Appennino le cascate non gelano così di frequente come sulle Alpi,e spesso per raggiungerle bisogna “nuotare” per un bel po’ nella neve fresca,così,per noi appenninisti terroni (spero che Marco non si offenda..) non è facile fare esperienza sul ghiaccio.

Ci organizzàmmo.A noi tre si aggiunsero Ivan e Guerino,due miei vecchi (e veri) amici che non conoscendo i Monti della Laga,decisero di unirsi a noi per venire a fare un’escursione.

Alle 5.30 ci incontrammo con Rino al casello e raggiungemmo Marco a Pescara.Ci avviamo con due macchine verso Amatrice(RI),visto che Guerino portava il suo inseparabile Lupetto.A un bar dove ci fermiamo a fare colazione incontriamo dei ghiacciatori locali,che si dicono incerti sulle condizioni e che andranno a “cercare” le cascate “della Pacina”,li salutiamo e ci avviamo speranzòsi.

Il freddo è polare,anche perché non ci siamo molto abituati…specialmente Rino,che è tornato solo da qualche giorno dai 36 gradi di un’isola delle Filippine,dove è andato a passare 10 giorni con il suo elemento preferito…:il Mare e le immersioni.

Il ghiaccio vivo a terra non ci permette di arrivare in macchina alla chiesetta del Sacro Cuore (1381m) e appena fuori dall’auto il freddo ci schiafféggia…dopo pochi minuti di cammino ci separiamo da Guerino Ivan e Lupo,lascio loro la cartina del gruppo.

La neve non è moltissima per fortuna,cammino col naso all’insù,ammirando lo splendido paesaggio intorno…sono proprio belli e selvaggi i Monti della Laga!

Non siamo ancora decisi su che cascata andare a “cercare”,la scelta è tra “nonciombozzo” e “la grande di Gorzano”,sul sentiero decidiamo per noncionbozzo,mi aveva incuriosito subito il nome sulla guida,e speravo di trovarla formata.Arrivati nel punto in cui il sentiero confluisce nel “fosso di Gorzano” iniziamo a risalirlo e a incontrare le prime piccole colate,che ci fanno ben sperare.

Rino batte la traccia e cammina cammina….eccola! Sembra formata! Certo in confronto alla foto sulla guida sembra esserci la metà del ghiaccio,e una bella rampa di neve alla base che copre i primi 7-8 metri,comunque mi sembra scalabile...

Il tempo di iniziare a prepararci e il freddo ci assale…le mani soprattutto perdono subito sensibilità…soffriamo.

La guardo meglio,sembra facile;mangio qualcosa,fumo una sigaretta…sto congelando! Meglio partire.

Marco inizia a darmi corda,arrivo al primo muretto e dalle prime piccozzate mi accorgo che il ghiaccio non è un gran che…sembra morbido,ma si spacca molto sotto i colpi della piccozza.Metto la prima vite,e vado…



salgo tranquillo,ne metto un’altra,arrivo sotto il secondo muretto,lo attacco,e dopo qualche metro la mia vite non vuole proprio entrare…le dita sono tutte completamente gelate e comincio ad acciaiarmi anche i polpacci,finalmente riesco a proteggermi,così faccio un bel respiro,guardo sù e supero deciso gli ultimi metri fino all’uscita.Non è stata così facile come sembrava.



Trovo una sosta con cordoni su albero,la guardo bene e mi ci appendo.Le mani sono inservibili…stanno per darmi la classica“botta” della circolazione che torna attiva nelle dita,qualcosa che non tutti conoscono,e che non auguro a nessuno…2-3 minuti di dolore infernale,che ti fanno ovviamente chiedere..:ma che c…o ci faccio qui? Ma passato il peggio e riacquistato l’uso delle mani,attrezzo subito la doppia,e torno giù.

I miei compagni mi fanno i complimenti,stanno gelando,ma sembrano contenti di essere qui.

Rino parte in moulinette e sale,poi è la volta di Marco.





La mattina avevamo pensato di fare anche “la grande di Gorzano” se ci fosse stato tempo,ma decidiamo di goderci a fondo “noncionbozzo”,cosi ci rilassiamo,mangiamo cioccolata,beviamo the caldo,e "ce la rifacciamo a giro" altre due volte.

Arrivano anche i tre signori incontrati la mattina al bar,di ritorno dalla “Pacina” che non hanno trovato in condizioni.

Scendendo decidiamo di andare solo a vedere “la Grande” per saperne le condizioni,la troviamo abbastanza magra ma scalabile.

Dopo qualche foto iniziamo la discesa,incontriamo altra gente che ha sbagliato “fosso”,e ci sentiamo fortunati di aver scelto la cascata giusta e di averla trovata senza problemi.

Al ritorno sul sentiero ci godiamo una bella luce e l’ambiente selvaggio,






chiacchierando arriviamo alla macchina ma i miei due amici non si vedono.Dopo aver mangiato qualcosa,ci cambiamo,e ci avviamo ad Amatrice per un caffè.Giunti i miei amici (che visto il ritardo cominciavamo a credere dispersi,sono stati in vetta al Gorzano) filiamo verso casa,la strada è lunga…

Torno a casa tardi e un po’ stanco,ma nonostante la sveglia alle 5 e il freddo polare patito è stato un piacevole assaggio delle cascate della Laga,che spero tornerò a cercare più spesso,ma soprattutto è stata una magnifica giornata in compagnia!





A casa però trovo l’unica nota dolente della giornata,mio padre mi dà la notizia che c’è stato un alpinista morto sulla nord del Sirente.E’ stata una slavina,un ragazzo di 32 anni di Grottaferrata (Roma).

La cosa mi avvilìsce …è una montagna che conosco,dove potevo trovarmi anch’io o qualche mio amico…queste cose fanno pensare...nessuno tra chi pratica certe attività è immune da rischi...bisogna tenerlo sempre presente.

Che dire? Niente. Rispetto.

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